Riforma Forze armate

Mauro Aurigi

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                                                                   Siena, 11.1.2018 

Per una riforma del  SISTEMA “DIFESA”

PRESENTAZIONE

Sono uno dei pochi Italiani che ha fatto (anni 1959/1960) la “naia”, per giunta in una sorta di compagnia di disciplina per soggetti “anomali”, come, per esempio: i Sudtirolesi che non parlavano una parola di italiano (in quegli anni i terroristi sud-tirolesi erano arrivati a mettere bombe sui tram a Roma); o i Siciliani più siciliani che si possa immaginare (anche loro non parlavano una parola di italiano, si tenevano separati e tra di loro parlavano soprattutto di ammazzamenti); o qualche zingaro, chissà per quale contorsione burocratica finito tra i coscritti; o i reduci dai carceri militari che tornavano a farsi i mesi di leva rimasti sospesi con la condanna; o, ma questo lo scoprii più tardi, i “politici sovversivi” o, meglio, i loro figli, visto che alla fine degli anni ’50 dello scorso secolo i giovani erano tutti apolitici (il ’68 era di là da venire). Io, per esempio non mi ero mai occupato di politica, ma ero figlio di antifascisti. Antifascisti sì, ma perché venivano picchiati dai fascisti, non perché loro picchiassero i fascisti … un  momento … mi correggo: la mia mamma, donna straordinaria, a 14 anni aveva steso con una zoccolata nel capo un fascista sulle verghe del treno (il luogo era appartato: il malcapitato deve essersi ripreso prima che passasse uno dei rari treni di quella linea molto secondaria).

Comunque – ed avevo solo 18 anni – tanto bastò per escludermi dal corso allievi ufficiali di complemento, nonostante che fossi dodicesimo nella graduatoria dei 60 allievi ufficiali selezionati in Toscana. Al Distretto militare, dove ero andato a chiedere delucidazioni, mi fu risposto che ero stato escluso dai corsi con decreto ministeriale. Scoprii dopo che si trattava di un provvedimento contro le infiltrazioni “filo-sovietiche”. Si era alla fine degli anni ’50 dello scorso secolo, in piena guerra fredda, per cui fui condannato a fare, tre anni più tardi, 18 mesi di leva da soldato semplice, in una compagnia di disciplina per giunta. Avevo solo 18 anni ed ero innocente.

L’esperienza “militare” fu tremenda, ma salutare: mi confermò nella mia opinione che quell’Esercito – e i 18 mesi di inutile naia – servisse solo a giustificare gli stipendi dei suoi ufficiali piccoli o grandi (l’Aeronautica, per esempio, aveva un centinaio di aerei da guerra e ben 130 generali). Personalmente, in 18 mesi, ho sparato 5 colpi di fucile al poligono e poi niente più. Ah!, dimenticavo: ho imparato a marciare. Le parate erano l’occupazione più impegnativa.

Ma io trovai anche l’occasione per rischiare il tribunale militare: niente po po’ di meno che per ammutinamento. Un giorno, all’ora del rancio, dichiarai a alta voce che non avrei mangiato perché avevo scoperto che la carne che i cuochi stavano cucinando portava un timbro che indicava che era stata congelata in Argentina nel 1938, ossia prima della guerra e perfino un anno prima che io nascessi. Il guaio fu che tutti smisero di mangiare.

Insomma subii quanto basta per legarmela al dito: avrei fatto il possibile perché, una volta congedato, questo esercito burletta fosse profondamente trasformato. Ma non ne ho fatto mai di niente: troppe cose mi sono sembrate per lungo tempo più interessanti. Ma alle politiche del 2013 il M5S prende il 25% dei voti e 162 parlamentari. Mi dissi che era venuto il momento di rispolverare quel mio vecchio progetto. L’ho messo nero su bianco, ma a rileggerlo mi è sembrato sconvolgente, eccessivo, forse incomprensibile per i più (figurarsi: ripristinare la leva obbligatoria per donne e uomini!). L’ho tenuto nel cassetto fino a quando recentemente è successo che sia Salvini che Renzi hanno riproposto la leva obbligatoria. Ma niente a che vedere con questo progetto. Salvini l’ha fatto per ricollegare le forze armate ai vari territori (in testa ovviamente gli alpini e le loro montagne con le varie Valbrembane filo-leghiste) ma anche e soprattutto affinché gli Italiani imparassero a sparare (sic!).

Molto peggio Renzi (http://www.ilmessaggio.it/renzi-nostri-giovani-troppo-indisciplinati-da-settembre-ritorna-la-leva-obbligatoria/ ) che invece vede nel ripristino della leva obbligatoria lo strumento per rinforzare la schiena di quei debosciati delle nuove generazioni (come Mussolini che sosteneva essere la guerra un’occasione di selezione naturale per ritemprare quella mollacciona “razza” italiana!). Ho anche sentito dire che qualcosa stia maturando anche all’interno del M5S, ma non ho avuto conferme. 

A questo punto mi è sembrato che il mio progetto non fosse più così “rivoluzionario” da restare indigesto ai più, ma anche che potrebbe aggiungere vivacità, curiosità e interesse nel futuro confronto politico nazionale (e magari anche europeo). Infatti, che solo il M5S discuta su una riforma del genere può rappresentare un coup de théȃtre tale da far sobbalzare sulla poltrona gli eurocrati a Bruxelles e forse obbligherà anche Washington a cercare di capire chi diavolo siano questi Pentastellati.

Ma la cosa ha proprio oggi un ulteriore, drammatico valore per lo sconsiderato atteggiamento, per ora solo verbale, di due tiranni come Trump e Putin (con contorno di Corea del Nord e Cina) che minacciano di confrontarsi a suon di missili e bombardieri: una dialettica assai simile a quella che scatenò la seconda guerra mondiale (68 di milioni di morti).  

Il testo lo trovate qui di seguito.

Vi invito a leggerlo per la vostra definitiva bocciatura o approvazione (in questo secondo caso saranno opportuni anche vostri suggerimenti e/o variazioni). La versione definitiva, se condivisa, la si manderebbe ai portavoce in Parlamento e si aspetta per vedere cosa succede.

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Riforma della Difesa–Forze armate

Quello che segue è argomento assai delicato, da trattare con la massima prudenza, ma sul quale va aperto un ampio dibattito per farlo diventare quello che è: un grosso problema culturale di portata nazionale e internazionale.

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. (Costituzione della Repubblica, art.11)

La difesa della Patria e’ sacro dovere del cittadino. Il servizio militare e’ obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, ne’ l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica. (idem, art.52)

Premessa

Quando si parla delle invasioni barbariche quale causa materiale e immediata della rovinosa caduta dell’Impero Romano, siamo portati a pensare ad un’unica, sincrona valanga umana irresistibile che tutto travolse al suo passaggio. Niente di più falso: l’invasione si distribuì in ben tre secoli e siccome le tribù barbariche erano nomadi o seminomadi, difficilmente potevano contare ― vecchi, donne e bambini compresi ― più di qualche migliaio di individui ciascuna. Solo i Franchi pare raggiungessero la considerevole cifra di 100.000 individui, sempre donne, fanciulli e vecchi compresi, ma in realtà con quel nome s’identificavano una decina di tribù separate e spesso in conflitto tra di loro.

L’Impero romano, al contrario, era al culmine della sua espansione, era ottimamente organizzato sul piano logistico e burocratico e forse contava 50 milioni di abitanti. Com’è possibile allora che quelle poche tribù, incolte e indisciplinate e scollegate tra di loro e che si muovevano separatamente e in tempi diversi (le invasioni interessarono il III, IV e V secolo d.C.), abbiano potuto mettere in ginocchio un simile colosso, abbiano potuto attraversare da una parte all’altra, come un coltello nel burro, tutta quell’enorme estensione di terre civilizzate? La risposta, che nessuno di noi ha trovato sui libri di scuola, va ricercata nel fatto che l’Impero non disponeva più di una esercito popolare. Da secoli infatti i Cesari (tre su quattro morirono assassinati), diffidando per loro natura del popolo in armi – di quelle legioni popolari, ossia, che erano state le massime artefici della costruzione dell’Impero stesso – avevano disarmato i cittadini ed armato i mercenari, che alla fine furono arruolati, anche gli ufficiali e i generali, esclusivamente tra quei barbari più o meno assimilati che poi si squaglieranno come neve al sole di fronte a Goti, Vandali, Longobardi, Franchi o Unni. Si pensi che Roma da sola contava forse un milione e mezzo di abitanti (ma non manca chi sostiene fossero molti di più) ed era protetta da mura imprendibili, le più formidabili dell’Impero. Non meno di 500.000 uomini in quella città potevano quindi impugnare le armi. Che speranza potevano avere le poche migliaia di briganti sotto le mura? Eppure Roma fu facilmente e ripetutamente espugnata e saccheggiata e la maggior parte dei suoi terrorizzati abitanti, resi inermi da secoli di disabitudine alle armi, trucidata o dispersa: non molto tempo dopo a Roma non restavano che 20.000 individui.

Probabilmente al Pentagono USA non devono avere riflettuto su quella vicenda, visto che l’esercito di volontari stipendiati inviato in Iraq nel 2003 era già composto per il 48 per cento da stranieri assoldati (come non vedervi un primo segno di cedimento anche di questo impero?). 

Né ci deve avere riflettuto D’Alema, capo del governo italiano nel 1999, quando decretò la soppressione dell’esercito di popolo per realizzarne, a costi maggiori, uno mercenario (il termine “professionale” usato da D’Alema è solo un elegante eufemismo). Lo stesso ha fatto il suo successore Berlusconi che ha entusiasticamente confermato il provvedimento (va da sé che immediatamente dopo l’insediamento del suo governo nel 2001, il ministro della difesa Martino, denunciando la scarsa vocazione degli italiani ad arruolarsi nell’esercito di mestiere, abbia dichiarato che presto si dovrà fare largo ricorso agli stranieri, con ciò affermando che alla fine dovrebbero essere questi ultimi a dover versare il loro sangue per la nostra Patria). Ma la cosa più allarmante è che ambedue i governi, tra la generale indifferenza, abbiano impunemente violato la Costituzione, che all’art. 47 recita: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio (…)”. Non contenti, i due governi di cui sopra, prima D’Alema e poi Berlusconi, partecipando alla guerra contro la Serbia e a quella contro l’Iraq (mezzo mondo contro quei due piccoli paesi), hanno violato altre due volte, sempre impunemente, la Costituzione che all’art. 11 recita: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (…)”. 

Questo Paese non solo non ha più una sinistra ― se mai ne ha avuta una ― ma sta perdendo a pezzi anche la sua ancor giovane impalcatura repubblicana.

Conclusione (per sommi capi e quindi da sviluppare)

La premessa è stata lunga, ma la conclusione è breve. Dobbiamo abolire l’esercito mercenario e ritornare all’esercito di popolo e quindi alla leva obbligatoria, ma sconvolgendo, anzi capovolgendo struttura, strategia e organizzazione della Difesa e delle forze armate.

La nostra attuale struttura militare, come quelle degli altri paesi europei aderenti alla NATO, fu costruita per funzionare, in caso di attacco dell’URSS, da cuscinetto in maniera da dare agli Americani i 10 giorni di tempo per approntare il contrattacco (ma da quei 10 giorni l’Europa e il nostro Paese sarebbero usciti distrutti).

Ora dobbiamo riconquistarci il diritto di organizzare la Difesa su un piano assolutamente diverso: la difesa del territorio attraverso la guerriglia partigiana (urbana e “alla macchia”) che è l’unico sistema attraverso il quale il piccolo sconfigge anche il nemico più mostruoso, come la storia ha largamente dimostrato: i Romani contro Annibale prima della battaglia di Canne, i coloni americani contro l’Inghilterra alla fine del ‘700, la Spagna antinapoleonica, la Resistenza in Europa durante l’occupazione nazista, gli Algerini contro i francesi, il Vietnam prima contro i Giapponesi e poi contro i Francesi e quindi contro gli Americani, l’Afganistan di ieri contro l’Armata Rossa e oggi contro gli Americani. Perfino il brigantaggio meridionale italiano (in realtà si trattò di una rivolta di popolo che coinvolse masse contadine incolte e male equipaggiate) riuscì a tenere in scacco l’esercito sabaudo, uno dei più agguerriti d’Europa, per ben 8 anni. Secondo alcuni storici le perdite piemontesi, mai rese note dall’Esercito che vi impiegò fino a 130.000 effettivi, superarono quelle delle 3 guerre d’indipendenza).

Un caso a sé è quello della Svizzera, senza sbocco al mare e schiacciata da sempre tra Francia, Germania, Austria e Italia, ma mai invasa. Napoleone, vi entrò in punta di piedi e in punta di piedi ne uscì. Nel secondo conflitto mondiale la Svizzera si trovò totalmente circondata da stati assoggettati al nazi-fascismo. Hitler voleva invaderla come aveva fatto con l’Austria, ma fu convinto dai suoi generali a desistere perché l’esercito svizzero, forte di centinaia di migliaia di effettivi addestrati esclusivamente alla guerra e guerriglia di difesa, era stato schierato in tutta la Confederazione e acquartierato sulle montagne, pronto a far saltare tutte le gallerie e i ponti del sistema viario strategico europeo est-ovest e nord-sud: la Wehrmacht avrebbe pagato un costo esagerato.

E’ proprio il modello svizzero quello che qui viene proposto (*): tutti i maschi, ma da noi anche le donne, dai 18 ai 60 anni tutti soldati e ufficiali (tanto per esemplificare: anni fa il direttore generale del Monte Paschi Suisse era anche generale dell’esercito confederale), ma senza le caserme dove essere costretti a passare inutilmente e dispendiosamente 12 o 18 mesi filati della nostra vita al solo fine di giustificare lo stipendio di una gerarchia militare inetta e neghittosa. Potrebbero essere previste larghe concessioni per l’obiezione di coscienza, anche se resta difficile giustificare con motivi morali il proprio rifiuto di combattere quando si tratta esclusivamente di fronteggiare un esercito invasore in casa propria e quindi di difendere non solo la propria Patria, ma anche la propria famiglia e i propri beni. Per cui per gli obiettori di coscienza potrebbe essere prevista qualche penalizzazione in fatto, per esempio, di impieghi o incarichi pubblici.

Tutte le forze di terra, d’aria e di mare saranno organizzate sul piano rigorosamente territoriale o zonale e saranno equipaggiate in relazione al compito e addestrate periodicamente alla guerriglia per la difesa del territorio. Gli organismi centralizzati saranno estremamente contenuti e agili, con i pochi professionisti necessari al mantenimento di strutture, mezzi e materiali.

L’equipaggiamento non sarà quello “partigiano” della tradizione, ma sarà sofisticato e ad alto contenuto tecnologico come e più dell’esercito tradizionale, ma, come dire?, miniaturizzato (armamento, mezzi di trasporto, navi ed aerei) per renderlo agile e “spalmato” il più possibile sul territorio, in aria, sulle coste e in mare, facile da occultare, veloce da armare e da mettere in azione (un esercito, se si può dire, di Rambo), evitando concentrazioni sul territorio ― come oggi invece succede ― di uomini, armi e strutture che possono diventare obiettivi privilegiati, di facile individuazione e annientamento.

Lo stesso discorso deve valere per la struttura industriale che dovrà assistere questo tipo di “difesa”. Il Paese addirittura potrebbe specializzarsi nella produzione di armamenti leggeri e sofisticati, adatti solo alla guerra di difesa, rinunciando ad una produzione di armi da teatro, delle quali siamo attualmente uno dei grandi produttori e esportatori mondiali e di cui ci dovremmo vergognare. Molto meglio produrre e esportare armi sofisticate utilizzabili solo dai piccoli per difendersi dai grandi, dagli aggrediti per difendersi dagli aggressori, ma poco o niente utili in guerre di teatro o campagne aggressive contro altri popoli.     

Potremmo così camminare a testa un poco più alta.

(*) estendibile, ovviamente, all’Ue.

FINE

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